venerdì 31 maggio 2013

Nuovi confini

Più delineo i confini dell'azione di mia mamma verso di me, e della mia verso di lei ( e mi prendo piu' spazio per me ), piu' delineo anche i confini della libertà degli altri nei miei confronti.

Con una certa arrendevolezza ho sempre "lasciato fare" gli altri... stupidamente dando per scontato che io ero sempre in torto, o non ero all'altezza di ribattere, o che le mie idee erano stupide, e che non avevo abbastanza ragione per... Ho sempre lasciato troppo spazio a tutti, e li ho sempre lasciati invadere spazie che, in realtà, sarebbero stati miei.

Senza contare che, avendo sempre avuto chi pensava per me, e chi mi diceva cosa dire e cosa fare, non sono mai riuscita veramente a ribattere quando dovevo, a rispondere a tono, a dire la mia quando era il caso ecc.

Ultimamente ( e con questo voglio dire che vale purtroppo solo per gli ultimi giorni, ma speriamo siano le prime volte di tante altre a venire :)  ) mi sto rendendo conto quanto mi dia fastidio la libertà e la furbizia che si prende certa gente. 
Ho avuto un reclamo totalmente ingiustificato al lavoro l'altro giorno. La gente a volte ci prova, anche solo per cercare di avere uno sconto sul prossimo ordine.
Mi sono imposta, con fermezza e comunque senza mai perdere la gentilezza. Fortunatamente è stato uno scambio di idee per iscritto, dove quindi comunque faccio meno fatica a pensare a cosa dire, ma sono veramente contenta perchè dopo la mia risposta, il cliente non ha piu' ripreso il discorso e anzi ha iniziato a parlare del prossimo ordine. 

Ho veramente permesso per tanto tanto tempo che gli altri decidessero per me, o parlassero per me. Adesso basta.

Non che sia facile, intendiamoci, non riesco a farlo sempre, e soprattutto quando inizio a delimitare i confini della libertà altrui, che sia mamma o cliente, mi sento spesso in colpa - sembra che io mi senta in colpa ogni volta che mi ribello o rifiuto l'autorità di qualcuno che la mia mente reputa piu' importante. 
Chiderò aiuto allo psic per riuscire a farlo in modo piu' salutare.

Su un'altra nota positiva, sembra che dopo l'ultimo appuntamento, nonostante i pianti, i discorsi, ecc, io sia molto piu' calma. Mi è un pochino sceso il nodo allo stomaco, ed è veramente una bella sensazione. 

Ad ogni modo la strada è ancora lunga, e io non abbasso la guardia.

Buon weekend a tutti!

mercoledì 29 maggio 2013

La via di mezzo.

"Come è andata questa settimana?"

Vado sempre lì, convinta di non avere niente da dire, e poi alla fine inizio a parlare a cascata. Tipo fiume in piena.

"E' andata per fortuna, ma non troppo bene. Stato di nervosisimo alle stelle, ho anche litigato con il mio ragazzo, che poverino in tutta questa storia non c'entra niente. Tutto perchè non ha risposto a un messaggio."
"Ah, e quindi è esplosa? Parliamone delle sue esplosioni, che non ne abbiamo mai parlato."
"Io non esplodo, io implodo, metto il muso. Sono peggio di mia mamma, perchè nonostante sappia quanto sia odioso avere accanto una persona con il muso, lo faccio lo stesso".
"Ah ecco, quindi reitera un comportamento. Capita spesso? Quando?"
"Capita quando non mi sento considerata, anche se è stupido perchè non ho di certo bisogno di un sms per sapere che ci tiene, e allo stesso modo so benissimo che una persona per quanto ci tiene non può avere il 100% del suo cervello per il 100% della giornata concentrato su di te".
"Oh bene, è un bene che me lo dica. Probabilmente il meccanismo scatta quando si sente messa in secondo piano, quando le sembra di venire per seconda. Le è già capitato?"

E qui mi sono messa a piangere. Mi dispiace doc, prima o poi la smetterò di piangere durante le visite, le prometto che entro la fine della terapia, ci sarà una seduta intera in cui non verserò neanche mezza lacrima. Mi dispiace mi debba sopportare così in questo stato pietoso, ma proprio non ce la faccio, mi perdoni.

"Mi è capitato sempre, perchè io da sempre sono seconda. Ero seconda all'asilo, alle elementari, alle medie e alle superiori, nessuno era davvero amico mio se non per bisogno, e nessuno veniva da me se aveva altri compagni con cui stare... sono sempre una eterna seconda. E poi..."
Non sono riuscita piu' a parlare.
"E' interessante quello che dice, ed è importante che capisca che il suo compagno non può avere lei in testa il 100% del tempo. L'amore non ha a che fare - non solo per lo meno - con la vicinanza fisica o mentale, non so se mi spiego; un messaggio in piu' o in meno pensa davvero che possa fare la differenze nell'amore che prova per lei?"
"No non fa differenza, io lo so, ma a volte mi travolge questa cosa e non riesco a evitarlo..."
"La travolge perchè la *mancanza* diciamo di affetto le fa sentire un vuoto. E sentirsi mezza vuota le fa paura. Lei è una persona di "o tutto o niente". O tutte le attenzioni, o se non gliele dà tutte vuol dire che non le interessa, giusto?"
"Purtroppo a volte si, e purtroppo sono così in tutto"
"Lo vedo. Come la questione della casa, non accetta che lui per i primi tempi paghi anche per lei, perchè lei o deve pagare tutto o altrimenti a vivere insieme non ci va"
"lo so... non sono esattamente una da mezze misure...."
"Eppure la mezza misura... anzi, non chiamiamola così, chiamiamola la *misura preziosa*, cioè quel momento in cui è soddisfatta solo in parte, ma manca ancora qualcosa per esserlo del tutto, è quello che dà la spinta al movimento, al cambiamento ecc. Come quando è stato di cambiare lavoro, quella via di mezzo in cui stava non le piaceva, e ha cercato altro, e si è attivata... E' come un movimento creativo, senza cui tutto altrimenti sarebbe fermo. Capisco che nel lavoro abbia avuto l'appoggio dei suoi genitori, perchè è lavoro e per il lavoro nelle loro teste va bene così, ma visto che per il resto ha degli ostacoli, perchè gli affetti, il desiderio, l'amore sono argomenti un pò particolari, dovrà trovare il modo giusto per accettare tutte queste "vie di mezzo" che le capitano, senza che la sconvolgano piu' di tanto".
"Ma io sono così in tutto... nella dieta, o mangio o  non mangio. A metà non ci so stare. E così in tante altre cose..."
"E perchè secondo lei?"
"Perchè la via di mezzo mi fa paura... ho paura che sia troppo poco... "
"Ma l'amore, come per tutto il resto, non è giusto che sia così *totale*... l'amore è anche altro...."

Eh lo so, dottore.... 
Sto maledetto tutto o niente....
Non so per quanto tempo ne ho parlato, anche sui forum di obesità, di essere una donna da "tutto o da niente", e di NON essere assolutamente una persona da "via di mezzo", e che è una cosa che caratterizza un pò tutti con questa problematica del cibo.

"Visto che della via di mezzo ha paura, per questo poi cerca in tutti i modi di riempirla e di riempire quel vuoto."
Indovinate con cosa...

Ma che problemi ho con le vie di mezzo? Che problemi ho con un amore così non totalitaristico, fino ad arrivare ad andare in confusione per un piatto non strabordante e solo pieno a metà, si può sapere che problema c'è nella mia testa per non sopportare le vie di mezzo?
E soprattutto, cosa è quel vuoto che cerco di riempire????


Non scrivo oltre, perchè ci sarebbero ancora altri 30 minuti di seduta da raccontare... Mi fermo qui. Che ne ho abbastanza da riflettere per oggi...





lunedì 27 maggio 2013

Questa settimana va così.

Questa settimana proprio non va. Saranno gli impegni serrati al lavoro dei giorni scorsi, saranno gli ormoni visto che sono in piena SPM, sarà che le sedute con lo psico mi muovono sempre qualcosa dentro e mi lasciano pensieri su cui riflettere per giorni... Sta di fatto che è una settimana che sono nervosa; risponderei male a tutti e vorrei urlare a tutti di lasciarmi in pace e di non tormentarmi. Sopporto anche mia mamma meno del solito; a volte capita che mi trattengo, o rispondo a monosillabi ma rispondo, questa volta invece non ce la faccio. Mi dà fastidio qualunque cosa dica e qualunque cosa faccia, mi irrita tutto quanto.
Avrebbe desiderato che anche ieri pomeriggio ( era domenica, unica mezza giornata di riposo che mi concedo ) portassi a termine una cosa di lavoro, tanto che verso sera mi è arrivata una chiamata seccata sullo stile "Cosa credi di fare?". E' domenica, me ne voglio stare in pace con il mio compagno, e non pensare a niente di niente. Ecco cosa voglio fare. Sta di fatto che sapevo non avrebbe approvato la mia risposta, al punto che mi ha quasi riattaccato in faccia. Sono rimasta sconvolta per una decina di minuti circa, arrabbiata per permetterle di rovinarmi i pochi momenti liberi che ho, arrabbiata per non saper reagire, arrabbiata per non vederla mai contenta. Solo che poi mi sono venute in mente le parole dell'ultima visita dallo psico: "Le sue parole non sono le parole della verità assoluta. Quando inizierai a fare valere questo, potrai liberamente avere una opinione senza necessariamente sentirla sbagliata, tu hai la tua e lei la sua, sono semplicemente diverse".
Io ho il sacrosanto DIRITTO di pensarla diversamente da lei; solo perchè ha quel fare seccato e arrabbiato e pretenderebbe di stare dal lato della ragione, non vuole dire che abbia effettivamente ragione, anzi, la mia opinione vale tanto quanto la sua. Così, mi sono detta che lavoro tanto, che mezza giornata di riposo assoluto non può che farmi bene, che del tempo - seppur poco - di qualità con il mio compagno ce lo meritiamo entrambi, e che le cose di lavoro posso sbrigarle anche in un altro momento visto che non era nulla di vitale e urgente, quindi mi sono sentita sicura della mia scelta di stare esattamente dove ero ( a sonnecchiare, per intenderci :)  ), e di non muovermi di là.
Stamattina son stata accolta con monosillabi e grugniti, ma fa nulla.

Però, che fatica. L'istinto e l'abitudine che ti portano verso un determinato tipo di pensiero distruttivo, e lo sforzo per ragionare diversamente, per pensare come una normale persona di 30 anni farebbe.
Mi rompe veramente dover stare male e dover lavorare così tanto a ogni ora per controllare pensieri e reazioni... E' faticoso e richiede una marea di energie. Lo stare male risucchia energie, lo sforzarsi di pensare in altro modo richiede energie, il reagire richiede energie.

Oh, e stavo finendo di scrivere qui, e mi ha chiamata anche adesso. "Sei lì? Guarda che passa tizio a portarti la cosa X che avresti dovuto sistemare TU", con accento odioso sul TU.

Ma che gusto ci prova nel farmi venire i sensi di colpa? E perchè avrei dovuto sistemarla IO, visto che qui siamo in DUE? Chi lo decide che avrei dovuto farlo io e non tu, porca di quella miseria?????
Che odio.

Sta settimana va così. Spero che dopo la prox seduta, esca dallo studio con rinnovata forza ed energia.

giovedì 23 maggio 2013

Libertà e le parole della "verità"

"Sa, è che quando le parole che escono dalla bocca di sua madre perderanno peso per lei, perderà peso fisico anche lei se lo vorrà, senza -quasi- fare fatica".

Due cose di questa frase mi hanno lasciata di stucco. Il "se lo vorrà", e il "le parole di sua madre perderanno peso".

Certo che voglio che perdere peso! Sono qui per questo dottore!
... ma per lui, non è così' scontato... perchè per lui quello che conta è quello che si vuole VERAMENTE..
 Volere, non volere, fare ciò che si vuole, e non ciò che si deve.....

A ogni seduta lo psico ripete almeno tre volte la parola "libertà", e altri vocaboli correlati. Ma io, nella mia vita, quante volte sono stata totalmente LIBERA? Libera inteso come prendere decisioni per me, fare ciò che era meglio per me, senza condizionamenti esterni quali: pensiero di non deludere gli altri, sensi di colpa, rimorsi, o pensare di *dovere* qualcosa a qualcuno, ecc. Beh, è semplice, la risposta è: mai. Praticamente in tutte le decisioni che ho preso, non sono mai stata capace di prenderle a cuor leggero, solo perchè per me quelle scelte andavano bene, piuttosto il primo problema da risolvere è sempre stato: fare qualcosa per non deludere gli altri e le loro aspettative, dare l'impressione della brava bambina ( o brava ragazza, più avanti ), non dare fastidio, non fare arrabbiare nessuno, ecc.

Quando lo psico mi parla di libertà, con quel suo modo semplice e calmo, mi si apre un mondo, e mi si apre anche il cuore. Mi si scioglie un nodo che mi sono accorta di avere nel basso ventre. Mi sento come se stessi in cima a una collina verde, con le braccia aperte, il vento, il sole caldo, e nessuno pensiero che pesa sull'anima.
La prima volta che mi ha spiegato cosa intendesse come libertà dell'individuo, mi è quasi mancato il respiro... mi è mancato sia per il senso di sollievo di aver finalmente capito cosa vuole dire essere liberi, e mi è mancato anche per aver capito quante volte mi sono auto-incatenata a scelte che non erano davvero "mie", ma degli altri. 
Tante volte ho pensato di fare qualcosa liberamente, di scegliere qualcosa liberamente, ma la realtà è che non sono mai stata davvero libera. I primi pensieri che mi guidano sempre sono il prendere la decisione migliore, per dare questa o quella impressione, per non deludere questa o quella persona, o peggio per non sentire questo o quel senso di colpa. Oppure per non deludere mia madre. Che spesso, poi, alla fine, ha sempre e comunque qualcosa da ridire su quello che faccio.

"Io non ho ancora capito che cosa vuole da me. Vuole che mi comporti da adulta ( secondo i SUOI canoni ovviamente ) ma quando cerco di essere indipendente si intromette dicendo cosa è meglio o peggio fare, o peggio impone la sua decisione. Per il periodo storico e sociale e culturale in cui è cresciuta, odia l'idea della donna relegata alla casa e alle faccende domestiche, e anzi a proposito mi ha sempre detto di non sposarmi mai e di pensare prima a me, alla carriera, al lavoro, quando poi è lei la prima che pretende che in casa abbia questo o quel comportamento, che sistemi tutto alla perfezione ( cosa che non faneanche lei ) o peggio che prima di uscire e pensare ad altre cose, devo pensare a sistemare la casa. E se poi le sue aspettative nei miei confronti non vengono rispettate, si arrabbia, e urla. Lei non dice le cose, le urla in faccia alla gente".
"E lei come si sente in quei momenti?".
"Molto arrabbiata con lei. Nervosa. Mi si stringe qualcosa allo stomaco. Ma mi sento anche triste per averla delusa. Sento come se avessi fallito qualcosa, come se lei vedesse un fallimento davanti ai suoi occhi, e mi sento triste e devastata per aver fallito."
"Ma il problema è questo. Lei dà molto peso a quello che esce dalla bocca di sua madre. Ha inconsciamente associato le parole che escono dalla bocca di sua madre, alle parole della verità assoluta. Ma non è così. E' per questo che sta così male. Dovrà arrivare al punto che riuscirà ad ascoltare sua madre, ma prenderà le sue parole per quello che sono, cioè solo la sua opinione e basta, e non la toccheranno così tanto. In quel modo, anche lei potrà avere una sua idea o pensiero, senza necessariamente pensare che sia sbagliato in quanto diverso a quello di sua madre, o senza pensare di averla delusa".
"Ma è difficile, alla fine, avere un pensiero, una idea, una scelta, che sia solo mia. Ho fatto 26 e più anni a fare quel che dicevano i miei genitori, a stare sempre in casa e non uscire perchè così fanno "i figli bravi" ... sa quante volte li ho sentiti dire agli amici "Mia figlia? E' brava non esce mai". Ovviamente poi quando ho iniziato a uscire ( e avevo 26 anni passati, al tempo ), a farmi una vita mia, sono iniziati i problemi, per me e  per loro. Anche perchè ho sempre avuto mia madre che decideva quasi tutto per me, mi diceva cosa fare e in alcune occasioni cosa dire, anche tutt'ora quando scrivo email ai clienti, critica come lo faccio, mi dice esattamente cosa dire e come dirlo... quando fai una vita così, come puoi essere in grado di gestire, da sola, i rapporti interpersonali, o di lavoro? Come fai a gestire nel modo migliore anche solo un semplice rapporto di amicizia, o un rapporto con un cliente, quando hai sempre avuto chi l'ha fatto per te e non ti ha dato mai la possibilità di farlo tu? E poi oltre a questi problemi, sono iniziati anche i problemi con i miei genitori... perchè probabilmente quando ho iniziato ad avere "vita sociale", io non coincidevo piu' con l'idea che si erano fatti di me fino a quel momento".
"E suo padre in tutto questo? Che ruolo ha? Quando sua madre urla, per così dire, lui come reagisce?"
"Mio padre... lavora. Ha sempre lavorato e basta. Ci vuole bene ma non ha mai fatto altro che lavorare e provvedere al sostentamento della famiglia, perchè questo gli è stato insegnato. Se mia mamma si arrabbia, lui indipendentemente che lei abbia torto o ragione la appoggia, per via dei sensi di colpa di esser sempre stato assente o di non aver mai preso le sue difese davanti all'invadenza dei suoceri"

Io sinceramente non so come ci sono arrivata a questo punto. Non so come ho fatto a non accorgermi, per 26 anni, che non stavo vivendo come era normale, ma che ero come in una bolla in un mondo a parte. Anzi mi rendo conto adesso che ho sempre visto -grazie ai commenti dei miei genitori- quanto fosse giusta e normale la mia condizione di "reclusa volontaria" in casa, e quanto fosse sbagliata quella dei miei coetanei che uscivano e si divertivano, e insomma si comportavano da adolescenti come era giusto che fosse.
Io tutto questo lo ho vissuto non perchè io lo volessi, ma perchè per LORO era giusto e quindi per me andava bene così.

Eppure, non capisco come è possibile che sia arrivata al punto di  vedere nelle parole e nei gesti dei miei genitori la verità assoluta, e in quelli di tutti gli altri ( me compresa ) il falso e l'errore.

Che poi mi dà fastidio più che altro per QUANTO sto male quando una mia idea o una mia cosa viene rifiutata. Io non voglio piu' stare male così, sentirmi spezzata a metà. Non voglio sentirmi piu' un fallimento o una stupida, solo perchè mia madre mi urla contro perchè faccio le cose in modo diverso da come se le aspetta lei, o da come le vorrebbe fatte lei.

venerdì 17 maggio 2013

"E allora, si è fatta una idea di questa terapia?"

Dopo 10 minuti introduttivi in cui mi ha chiesto come va il lavoro, come è andata la settimana, che cosa ho fatto, ecco che lo psico mi fa LA domanda.
"Mi diceva che lavora con sua madre. Come va il rapporto?"
... come va. E' difficile, duro, pesante, burrascoso. Per il 90% delle cose che faccio c'è sempre un commento pronto ad arrivare. Non di approvazione, ovviamente, ma una critica che ti dice che non l'hai fatto abbastanza bene, o non lo hai fatto troppo bene, che si poteva fare diversamente. O magari, mentre sto lavorando, mi interrompe e inizia a lamentarsi su "altro" ( che non è quello che sto facendo ), e che io non ho eseguito abbastanza bene.
Io spesso sono al banco tranquilla che porto avanti i miei ordini, e subito arriva un commento, oppure un'urlata ( si perchè dovete sapere che uno dei mezzi comunicativi che piacciono tanto a mia madre, sono le urla.. lei non ti dice le cose, te le urla in faccia ), che mi destabilizzano. Inizio a provare un mix di fallimento, di tristezza, di dispiacere per averla delusa l'ennesima volta, e una rabbia per avere per madre una persona che non è mai contenta di quello che faccio. Mi disse una volta, tre anni fa circa: "Il mio piu' grande rammarico nella vita, è che tu e tua sorella non siete come dico io".

Mi dispiace deluderti, mamma, davvero, ma prometto in questo momento che prima o poi la smetterò di sentirmi in colpa per non essere come dici tu. Sappi che IO sono IO, io non sono TE, e sono fatta a mio modo. Sono una persona, un'entità che è staccata da te, ed è giusto che io sia diversa. Diversa non vuole dire sbagliata. Se tu quella che sbaglia, perchè che mi vuole uguale a lei.

Il vero problema, è staccarsi da tutti questi sensi di colpa che provo quando arriva un suo commento. Non riesco a rendermi indipendente, perchè lei non mi permette di esserlo. E' una donna piena di contraddizioni. Mi vuole adulta, brava ( come dice lei però ), indipendente ( sempre come dice lei ), però allo stesso tempo non trova occasione per farmi notare che le cose non le faccio bene ( e meno male che c'è lei a farmi notare gli errori, no? ), e quando mi decido a fare qualcosa in indipendenza, ecco che arriva coi suoi "consigli" ( non richiesti peraltro ) e suggerimenti. Come posso essere indipendente se lei è la prima che non mi lascia andare?
I suoi consigli poi, sono quasi obbligata a seguirli, perchè ogni volta che obietto, o dico che non sono d'accordo, inizia una discussione infinita ( in cui spesso e volentieri lei comunica con urla, come dicevo ). E spesso, piu' dico di non essere d'accordo, più lei si arrabbia. E più si arrabbia, più aumenta il rischio che si incavola così tanto, che arriva a mettere il muso e a non parlare per un tempo variabile tra le 24 e le 36 ore.

Eh si, mi toglie anche la parola. Uno che la vede dal fuori, pensa chissà cosa io abbia fatto, che figlia terribile io possa essere, quanto poco io abbia combinato nella vita, per fare arrivare un genitore a un tale punto di disperazione. Ve lo posso assicurare, che a guardarla, sembra davvero distrutta, affranta, sofferente.
Sono davvero così terribile come figlia? Ma per cosa poi??  Per avere una idea diversa dalla sua?

"Oh ma io delle mie figlie sono molto contenta". Lo dice a tutti, con tutti esprime quanto è contenta di me e di mia sorella; l'immagine di facciata è madre felice e perfetta con figlie perfette. 
Peccato che a me e a mia sorella, direttamente, non lo ha praticamente mai detto, nè ha mai dato segno di questa gioia e soddisfazione, anzi. Forse pensa che la continua critica è un mezzo formativo, per farci sempre migliorare, ma in realtà ha l'effetto opposto, cioè quello di farti sentire sempre più un fallimento.

La cosa che mi distrugge, è che non posso avere un pensiero, un comportamento, una idea, tutta mia. Mi vuole uguale a lei, inglobare in lei, ma non è possibile, perchè io non sono come lei, io non sono lei. Se ne deve fare una ragione.

E alla fine della seduta, quando lo psico mi chiede:
"E allora, si è fatta una idea di questa terapia? Cosa ne pensa?"
La mia risposta poteva essere solo una:
"Penso che sono stanca di questa situazione. Che adesso basta. BASTA veramente".
E lui:
"Oh, bene!!! BENE!! BE-NE!!!!"

Ha detto l'ultimo "bene" quasi urlando, come se lui avesse vinto una gara di corsa, o una battaglia, e stesse esultando.
 
Lo spero dottore, lo spero tanto anche io di vincerla questa battaglia..

mercoledì 15 maggio 2013

...Perchè ci vuole sempre una presentazione



Ciao a tutti, a chi mi conosce a chi no.

Non mi soffermerò su dettagli poco importanti, tipo come mi chiamo, tipo da dove scrivo, tipo cosa faccio di lavoro. 

Vi dirò subito che ho piu' di 30 anni, ma meno di 40 :D, che vivo in un paesino di provincia del nord, e che dalla nascita ho un problema molto grande e difficile da affrontare: soffro di obesità.
Capisco che per molte persone i kg di troppo sono solo segno di gola, ma vi assicuro che l'obesità è una malattia, tanto fisica quanto psicologica. Ci sono fior di studi che sono arrivati a questa conclusione, e io ne sono d'accordo. Non si tratta solo di dieta, di fare attività fisica, di mangiare meno ecc, si tratta di alcuni blocchi interiori che si fatica ad affrontare, e si cerca nel cibo la sicurezza che non viene dall'esterno.
In realtà il problema è molto piu' complesso, ma lo vedrò con voi man mano.

Ora torniamo a me.
Ho passato tutta la vita tra alti e bassi, sia di peso, che di umore. Con tutto quel che ne consegue ( insicurezza, timidezza, difficoltà nelle relazioni sociali ecc  ). Una vita poco facile insomma, che i bambini e i ragazzi compagni di scuola e di giochi non hanno mai aiutato a rendere più facile.
Il lato positivo è che da diversi anni ( io che pensavo mai nessuno mi avrebbe voluta... ) ho a fianco un uomo meraviglioso che mi sostiene, con cui programmo di andare a vivere a breve, e ho il mio lavoro. Sono una lavoratrice indipendente ( molti mi considerano pazza per aver fatto questo passo di questi tempi ), e sto cercando di realizzarmi al meglio che posso. E' ancora presto per dire se andrà bene o meno, ma vada come vada, posso sempre esser contenta per averci almeno provato. 
E poi c'è la mia famiglia, con la quale ancora vivo. Ho una sorella piu' piccola ( anche se come potete immaginare vista la mia età, tanto piccola non è ) con cui vado molto d'accordo, e due genitori con cui... vado d'accordo meno purtroppo. Tra di loro si distingue mia madre, con cui il rapporto è veramente difficile e complicato, e che è forse il nodo fondamentale da sciogliere per arrivare infondo al problema del peso.


Grazie all'amore e alla dolcezza del mio compagno, ho avuto il coraggio di chiedere aiuto alla fine, perchè per quanto sia brava ad auto analizzarmi, dopo tutti questi anni passati a cercare di uscire da questo problema, sono arrivata alla conclusione di non potercela fare da sola. 
Ed è qui che entra in gioco il mio attuale psicologo, un referente del Fida ( Federazione Italiana disturbi alimentari ), con cui sto seguendo un percorso terapeutico al fine di sistemare tutti i "nodi" che non sono riuscita a sciogliere da sola crescendo. 

E così, eccomi qui ad aprire il blog. Ho scelto apposta la forma anonima, perchè non importa chi io sia, o cosa faccia, o come mi chiami. Quello che importa è che i miei problemi, sono gli stessi di tanta altra gente là fuori. E ho pensato che magari leggendo di me e del mio percorso, posso essere di aiuto a qualcuno.
Sentitevi quindi liberi di commentare e partecipare. Non tollero offese gratuite, maleducazione, troll e flames come ho visto in tanti altri blog; la regola unica e principale per partecipare è il rispetto per gli altri. Se viene trasgredita, cancellerò commenti e bannerò gli utenti. 
Per il resto: BENVENUTI!!! :-)